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La discriminazione in Germania

Un sondaggio rivela come una larga parte dei migranti non si senta tutelato, aprendo scenari sinistri per il futuro

Il 41,9% degli immigrati in Germania e dei loro figli si sente discriminato nella ricerca di un posto di lavoro o di un appartamento, emarginato nelle scuole e trattato con aria di condiscendenza dagli impiegati pubblici. Questo l’esito preoccupante del più ampio sondaggio di questo tipo finora svolto tra la popolazione.

Messo in atto nell’estate 2011 dal Consiglio delle Fondazioni tedesche per l’Integrazione e la Migrazione, esso ha raccolto le testimonianze di più di 7000 cittadini con un background migratorio e 2100 tedeschi, che sono stati interrogati in merito alle loro esperienze di discriminazione rispetto all’etnia, sesso, età e religione. Secondo quanto reso noto dal centro antidiscriminazione federale, i luoghi in cui la discriminazione sembra essere all’ordine del giorno sono tre: il mercato del lavoro, il rapporto con l’autorità e quello con il sistema dell’istruzione. Gli stessi ricercatori che hanno condotto questa ricerca hanno definito il suo esito “problematico per quanto riguarda la presa di coscienza della Germania come terra di immigrazione”. Christine Lüders, direttrice del centro, ha parlato chiaramente di “primo segnale d’allarme”.

Il dato è realmente preoccupante, soprattutto se si pensa che la Germania ospita il terzo più alto numero di migranti internazionali fra tutti i paesi del mondo, circa 15,3 milioni di abitanti su una popolazione di 82 milioni. Ciò significa che circa il 19% dell’intera popolazione possiede un background familiare migratorio (Fonte: Statistische Bundesamt Stand 2005). Per capire l’estrema importanza degli immigrati in Germania occorre inoltre incrociare questo risultato con il bassissimo tasso di fecondità (1,39 figli per madre, tra i peggiori al mondo) e con il dato che vede il 30% dei tedeschi con meno di 15 anni avere almeno uno dei genitori nati all’estero, mentre nelle grandi città il 60% dei bambini di età compresa tra 0 e 5 anni ha almeno uno dei genitori nati all’estero (Fonte: Bundesinstitut für Berufsbildung). Riassumendo, questo significa che i migranti sono la principale fonte di popolamento della Germania, che in futuro vedrà crescere esponenzialmente il numero di cittadini con un background diverso da quello tedesco.

Allarmante è inoltre la constatazione di come la discriminazione avvenga soprattutto in quelli che sono i punti vitali di una corretta ed efficace integrazione, ovvero l’istruzione, il lavoro e la ricerca di una casa. Se le istituzioni non riescono a garantire un pari trattamento a tedeschi e migranti, è difficile pensare che la tensione per ora latente non possa dare vita, a medio-lungo termine, a seri problemi sociali. Inoltre, la statistica merita di essere analizzata nel dettaglio. Gli immigrati provenienti da altri paesi dell’Europa, infatti, si sentono molto più tutelati rispetto ai loro corrispettivi provenienti da zone al di fuori dell’Unione Europea (principalmente turchi e musulmani), che invece lamentano atteggiamenti discriminatori anche in altri ambiti come vicinato, mezzi di trasporto, esercizio della religione e attività nel tempo libero, che fanno parte della quotidianità di ogni cittadino.

Stando a questo sondaggio, dunque, c’è una differenza di trattamento tra immigrati europei ed extraeuropei, o perlomeno una diversa sensazione rispetto alla garanzia dei propri diritti. Infine, il dato che a mio avviso è più inquietante in assoluto riguarda la distribuzione dei migranti all’interno della Repubblica Federale. Dal sondaggio è emerso che, ormai da qualche anno, i migranti stanno cominciando a trasferirsi in massa dai Länder dell’ex Germania Est, nei quali vengono segnalati da tempo atteggiamenti xenofobi e pesantemente discriminatori, verso le regioni della Germania occidentale, ritenute più tranquille. E’ stato inoltre reso noto che, proprio per questo motivo, ormai gli immigrati evitano accuratamente di stabilirsi in quelle regioni, considerate a priori luoghi poco adatti ad una pacifica convivenza. Sembra dunque che si stia creando una sorta di “zona franca”, all’interno della quale una ben precisa categoria di abitanti sa di non essere gradita, e se ne tiene dunque alla larga. Una prospettiva che che ha delle sinistre somiglianze con un passato fin troppo recente, e che con l’intergazione non ha proprio niente a che fare.

Riccardo Motti

In alto a sinistra: bambino alla lavagna, copyright abendblatt.de; al centro: vignetta “Via gli immigrati!”, copyright fareus.wordpress.com; in basso a sinistra: la percentuale di bambini sotto i 6 anni con un background migratorio, divisi per Land. Le ultime 5 posizioni sono occupate dalle regioni dell’ex Germania Est, dati del Statistisches Bundesamt, Mikrozensus 2005

Questo articolo è stato pubblicato in prima pagina da http://www.paperblog.it in data 01 Agosto 2012 nella sezione Società

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I rifugiati politici e la dignità umana: una relazione complicata

La sentenza della Corte Costituzionale rivela le condizioni disumane in cui i rifugiati politici vivono da anni

La dignità umana è irrinunciabile. Così è scritto nella Costituzione tedesca, ed è in base a questo principio fondamentale che i giudici del Bundesverfassungsgericht (la nostra Corte Costituzionale) hanno dato ragione ai due immigrati che si erano rivolti ad esso per ottenere una somma mensile più alta da parte dello Stato. Non si tratta di immigrati qualsiasi, ma di quella particolare categoria di migranti ai quali è stato lo status di rifugiati politici, termine giuridico che indica coloro i quali sono fuggiti o sono stati espulsi dal proprio Paese d’origine a causa di una discriminazione.

Questa sentenza, che impone al parlamento l’innalzamento della quota mensile destinata sia ai richiedenti asilo che ai migranti che beneficiano già di questo status, pone fine ad una annosa questione che viene dibattuta da molti anni e dalla quale tutti i governi che sono stati al potere dopo il 1993 si sono tenuti debitamente alla larga. In quell’anno è appunto stato introdotto il sussidio mensile, una somma equivalente a circa 220€ che all’epoca consentiva una vita dignitosa a coloro che ne usufruivano. Il problema è che l’ammontare del sussidio non è mai stato adeguato all’inflazione che ha coinvolto i prezzi del mercato tedesco, diventando col passare del tempo sempre più insufficiente. L’unica modifica che è stata apportata alla legge nel corso degli anni è stata la sua estensione ai rifugiati non in possesso di un permesso di soggiorno duraturo, mentre in origine era destinato esclusivamente a coloro i quali fossero già in possesso di un permesso a lunga scadenza. Secondo una stima ufficiale, nel 2010 il numero di migranti che usufruiscono del sussidio era pari a 130.300 (fonte: Frankfurter Rundschau).

La decisione dei giudici dunque arriva dopo un ventennio durante il quale i rifugiati si sono visti costretti ad una vita al limite dell’indigenza, ricevendo il 40% in meno rispetto alla cifra che la stessa Corte Costituzionale aveva indicato come minima garanzia della dignità umana. Essa ha infatti recentemente fissato a 374€ mensili la quota più bassa dell’ Hartz IV, il sussidio elargito ai disoccupati e ai lavoratori meno abbienti. Questi migranti, che dovrebbero teoricamente beneficiare di uno status particolare in conseguenza della situazione che ha imposto loro di lasciare il proprio Paese d’origine, sono stati dunque trattati senza alcun riguardo rispetto alla dignità della propria persona, alla stregua di ospiti sgraditi. Il vero scandalo in questa faccenda è che una risoluzione sia stata possibile solo grazie ad un ricorso che due coraggiosi migranti hanno presentato alla Corte Costituzionale. Né l’attuale governo né le forze dell’opposizione si sono interessate al destino di questi uomini, che sono stati aiutati a scalare il muro della burocrazia tedesca solo da associazioni come Pro Asyl, Die Landesflüchtlingsräte e Campact.

Ora si spera che il governo Merkel, preso atto della figuraccia rimediata dall’intero panorama politico tedesco, elabori una nuova legge che possa sostituire quella del ’93, obsoleta ed inadatta a venire incontro alle esigenze dei migranti del terzo millennio. Tuttavia, niente potrà cancellare la vergogna di aver considerato i rifugiati politici alle stregua di cittadini di serie B, mentre al tempo stesso gli aiuti sociali destinati a tutti gli altri componenti della società erano puntualmente aggiornati rispetto all’incidenza dell’inflazione. Se a pensar male ci si azzecca, sorge spontaneo il dubbio che dietro una simile “dimenticanza” ci sia in realtà una strategia ben precisa, tacitamente condivisa tra tutti gli schieramenti politici tedeschi, volta a scoraggiare le richieste di asilo politico da parte di soggetti considerati non graditi, costretti in condizioni che a giudizio della stessa Corte “sono chiaramente al di sotto della dignità umana”.

Riccardo Motti

In alto a sinistra: un richiedente asilo, copyright Frankfurter Rundschau; al centro: manifesto delle associazioni in favore dei richiedenti asilo, copyright Die Welt; in basso a sinistra: Angela Merkel, copyright Telegraph

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La penna contro la spada

La reazione delle donne agli episodi di violenza avvenuti a Berlino

A leggere le pagine di cronaca nera dei principali quotidiani berlinesi, c’è poco da stare allegri. Oltre al caso eclatante di Magnotta, l’omicida canadese arrestato a Neukölln pochi giorni or sono, nei mesi scorsi si è potuto osservare una crescita dei reati violenti. Due ragazzi sono stati uccisi nei mesi scorsi, e il 4 Giugno scorso una madre di 6 figli, Semanour S., è stata brutalmente uccisa in una corte interna del quartiere di Kreuzberg, davanti agli occhi attoniti degli inquilini. Tuttavia fomentare allarmismi sarebbe facile quanto controproducente, servirebbe solo ad aumentare il clima di tensione. Occorre analizzare il problema a mente fredda.

Questo è ciò che le donne, organizzate in numerose associazioni, hanno voluto fare manifestando pacificamente davanti al municipio di Neukölln nella giornata di ieri (6 Giugno). Non bisogna farsi ingannare dal numero, non certo oceanico, delle partecipanti (circa un centinaio): la loro stessa presenza, così come il messaggio che hanno voluto rendere noto alla popolazione, è stata sicuramente degna di nota, anche perchè molti passanti si sono fermati ad ascoltare ciò che veniva detto dal piccolo palco. Queste donne manifestavano in particolare contro due tipi di violenza: quella di strada e quella domestica, entrambe particolarmente sentite perchè la seconda le riguarda in prima persona, la prima i loro figli. Con un’attitudine squisitamente politica, queste donne hanno rifiutato di approcciare la questione in termini di sicurezza, che solitamente è la reazione spontanea suscitata da simili fatti di cronaca nella maggioranza dell’opinione pubblica.

Partendo dalla constatazione di come i fatti violenti avvenuti negli ultimi tempi coinvolgano principalmente cittadini tedeschi le cui origini sono da rintracciare al di fuori della Repubblica Federale, queste donne hanno avanzato proposte riguardanti sia i problemi di violenza di strada che quella domestica. Nel primo caso, hanno chiesto che ai loro figli sia insegnata la cultura della legalità e del rispetto fin dalle scuole elementari: non è mistero infatti che la maggior parte dei responsabili di episodi di criminalità giovanile “imparino” le dure regole della strada fin dai primissimi anni di vita, e proprio all’interno di quelle istituzioni che dovrebbero aiutarli a maturare, rendendoli cittadini rispettosi. In questo senso, si è chiesto uno sforzo concreto da parte dell’amministrazione cittadina rispetto ai programmi educativi nelle scuole.

Ancor più interessanti sono state le richieste inrenti al contenimento della violenza domestica, perchè oltre alla richiesta di aprire consultori che abbiano come target principale gli uomini, spesso dimenticati dalle istituzioni, le donne hanno fatto sentire la propria voce affinchè sia data loro la possibilità di costruirsi un futuro indipendente attraverso due mezzi: l’istruzione e il lavoro. Troppo spesso le donne che seguono i loro mariti in Germania non hanno alcuna certificazione scolastica riconosciuta, con il risultato di essere escluse a priori da qualsiasi tipo di possibilità lavorativa che richieda una livello minimo di istruzione. In questo senso, rinforzare gli aiuti già esistenti e creare nuove forme di integrazione scolastica delle mogli dei migranti è una necessità.

Solo con la forza dell’istruzione queste donne possono capire, e prevenire, le forme di oppressione che sono troppo spesso perpetrate nei loro confronti fra le mura domestiche, la stessa forza che può garantire loro una concreta alternativa nel caso in cui sentissero la necessità di rendersi indipendenti dal punto di vista economico. Questo discorso riguarda principalmente le donne di origini straniera, ma si applica perfettamente anche alle donne tedesche, le quali hanno partecipato numerose alla manifestazione, hanno proposto e condiviso i suggerimenti che sono stati portati alle istituzioni.

Tutto sommato, mi sembra una bella vittoria della civiltà contro la barbarie. Davanti ad una situazione in cui la violenza comincia ad essere problematica non si invocano pene più severe, più polizia, controlli o improbabili leggi del taglione, ma si capisce la natura culturale e politca del problema, portando alle autorità proposte concrete riguardanti istruzione ed integrazione: una prova di quanto la coscienza politica sia fondamentale per poter aspirare ad un cambiamento reale, che sia visibile nella vita di tutti i giorni.

Riccardo Motti

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