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Il futuro politico della Germania

Gli ultimi sondaggi a quattro mesi dalle elezioni

La situazione in Europa si sta facendo sempre più complicata. Nonostante le dichiarazioni speranzose dei mesi scorsi, infatti, nell’economia reale non si vede traccia di quella tanto sospirata ripresa che avrebbe già dovuto mostrare i primi segni di vita. Il tasso di disoccupazione aumenta in quasi tutti i paesi dell’Unione Europea, la recessione non da tregua e le destre nazionaliste cominciano ad alzare la testa un pò ovunque, invocando misure protezionistiche e leggi contro l’immigrazione. Se è vero che le borse mondiali hanno recuperato una parte delle perdite subite nel corso dei crolli ricorrenti degli ultimi anni, non bisogna dimenticare che la svalutazione di dollaro e yen operata dai governi di USA e Giappone sta svolgendo un ruolo fondamentale in questa dinamica. Le borse non guadagnano perché si produce e si vende di più, ma grazie a operazioni finanziarie che hanno l’effetto di “drogare” gli indici.

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In questo contesto, le elezioni che si terranno il prossimo 22 Settembre in Germania sono di fondamentale importanza per capire quale sarà l’orientamento futuro delle politiche europee in materia di austerità. Ciò che emerge dal quadro generale è proprio l’evidente danno che un’eccessiva attenzione ai conti pubblici sta causando all’economia reale. Tassando ed eliminando gli incentivi statali a lavoratori e imprese si è innescato un ciclo depressivo dal quale si potrà uscire solo spendendo (con criterio) denaro pubblico. Tuttavia, la Germania fa orecchie da marcante nei confronti di chi chiede un approccio più cauto nell’imposizione di oneri, forte della sua ipotetica supremazia economica nei confronti degli altri paesi dell’Unione. Abbiamo già avuto modo di spiegare perché questa pretesa sia ben poco lungimirante.

 Ecco gli ultimi sondaggi pubblicati oggi dalla rivista Der Spiegel:

CDU: 39%

SPD: 27%

Die Grüne (Verdi): 13%

Linke: 6%

FPD (Liberali): 6%

L’esito è netto: l’elettorato tedesco sta premiando la coalizione tra CDU e Liberali attualmente al governo, mentre la SPD conferma una tendenza al ribasso dopo le numerose uscite poco felici del pessimo candidato Steinbrück. I Verdi e la Linke sono stabili, mentre i Pirati (2,5%) resteranno quasi sicuramente al di sotto dello sbarramento del 5%. L’aumento di voti registrato dal partito della cancelliera e il raddoppio dei voti (rispetto all’anno scorso) dei redivivi Liberali mostrano chiaramente come i tedeschi rimangano cocciutamente contrari all’idea di un’Europa più aperta e dinamica, che lasci in secondo piano l’austerity e punti a rilanciare l’economia, sposando invece l’euroscetticismo dell’FPD e la cautela della Merkel.

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Se i rapporti di potere dovessero dunque restare invariati nei prossimi mesi, ci sarebbero due scenari possibili: da una parte, una reiterazione dell’attuale coalizione CDU-FDP causerebbe una difficile attività di governo, con un’opposizione forte di SPD e Verdi a intralciare costantemente la vita dell’esecutivo. Dall’altra, una riproposizione della storica Große Koalition tra il partito della cancelliera e l’SPD raccoglierebbe la stragrande maggioranza dei voti e potrebbe governare senza una vera opposizione di fronte. Difficile prevedere ora quale delle due opzioni verrà intrapresa, anche se in passato la politica tedesca ha sempre virato verso la stabilità e la governabilità.

In ogni caso, appare evidente che chi si aspettava un “nuovo corso” della politica tedesca nei confronti dell’Europa dovrà aspettare ancora a lungo.

Riccardo Motti

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Elezioni in Bassa Sassonia

Il significato politico della vittoria dell’SPD

Nella giornata di ieri si è votato nella Bassa Sassonia, secondo Land tedesco per superficie e quarto per popolazione, la cui importanza strategica e politica è molto elevata. Il risultato è stato sorprendente: la coalizione SPD-Verdi ha raccolto un maggior numero di voti rispetto a quella tra la CDU, partito della cancelliera, e il FDP. Vediamo di analizzare il significato politico di questa importante giornata.

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In primo luogo, la vittoria è stata particolarmente risicata (i rosso-verdi hanno un consigliere in più rispetto agli avversari), ma questo non significa che il governo del Land sia a rischio ingovernabilità. A differenza della moda italiana, infatti, in Germania i politici eletti in uno schieramento hanno la spiccata tendenza a restare parte di esso. Il programma elettorale viene deciso prima del voto, di conseguenza  clamorosi voltafaccia, corruzioni più o meno evidenti e cambi di casacca non fanno parte della prassi politica nazionale, contrariamente a quanto avvenuto, anche di recente, nel belpaese. Detto questo, l’importanza politica di questo evento si capisce chiaramente se si pensa a due fattori. Il primo è che, dopo questa vittoria della coalizione di centro-sinistra, la Merkel non ha più la maggioranza al Bundesrat, il Consiglio federale. Si tratta di un importante organo federale del sistema politico tedesco, il quale si occupa principalmente di gestire il rapporto di sovranità tra il governo centrale e i Länder. In pratica, d’ora in poi quest’organo politico potrà proporre leggi inerenti ad importanti questioni nazionali (ad esempio retribuzione minima e assegno sociale), che saranno poi votate dal Bundestag, il parlamento nazionale. Un notevole bastone tra le ruote per la coalizione Merkel, considerando le elezioni imminenti.

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Il secondo fattore consiste nel carattere anticipatorio che, storicamente, le elezioni in Bassa Sassonia hanno sempre avuto rispetto a quelle nazionali. In questo senso, il risultato è ancora più sorprendente. In ottica nazionale, infatti, la CDU veniva da un buon momento, dopo un notevole recupero di voti registrato nel corso degli ultimi mesi. Le numerose dichiarazioni di dubbio gusto rilasciate dal candidato cancelliere SPD Steinbrück nel corso della campagna elettorale, inoltre, non facevano certo ben sperare: più di un osservatore politico aveva dichiarato che una netta sconfitta elettorale del suo partito in Bassa Sassonia avrebbe portato a clamorose dimissioni.

Ma questo non è avvenuto, nonostante la grande popolarità che il presidente regionale uscente McAllister (CDU) poteva vantare. Il suo partito ha perso il 6,5% rispetto alla scorsa tornata elettorale, attestandosi al 36%. L’ SPD è cresciuto invece del 2,3%, raggiungendo il 32,6% dei voti totali. A questo punto, è necessario spostare lo sguardo sui partner di coalizione: i Verdi conquistano un ottimo 13,7% (+5,7%), confermandosi in pieno come alleato di ferro per le prossime elezioni nazionali. Al contrario, la Linke crolla al 3,1% (-4%), resta fuori dal Parlamento regionale e scompare, di fatto, dalla ex Germania Ovest. Si tratta ormai di un partito in piena decadenza, incapace di rendersi interlocutore credibile nei confronti di giovani e lavoratori, che sembra ormai condannato a essere misero bacino elettorale per gli attempati nostalgici dell’era sovietica. Tendenza opposta, invece, per i liberali dell’FDP: con un clamoroso 9,9% (+1,7%) danno un forte segnale di vitalità, smentendo apparentemente chi, come il sottoscritto, ha scommesso su una loro scomparsa dal panorama politico tedesco. Nel ricco Land  dell’Ovest, evidentemente, c’è ancora chi vede nel liberalismo sfrenato una possibile soluzione alla crisi.

In definitiva, il segnale che gli elettori hanno dato è chiaro: la coalizione rosso-verde è considerata una valida possibilità di governo, a cui viene concessa una fiducia inaspettata. Basterà per conseguire una clamorosa vittoria a livello nazionale? Non è detto, il margine è sottile. Sta di fatto che la trama politica tedesca si infittisce ulteriormente, e il risultato delle decisive elezioni politiche non è mai stato così in bilico.

Riccardo Motti

In alto a sinistra: Angela Merkel, copyright cicero.de; in basso a destra: i risultati elettorali, copyright http://www.welt.de

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La Germania e il Nobel per la pace

Le contraddizioni tra la prassi politica tedesca e l’assegnazione

Il comitato norvegese ha assegnato il premio Nobel per la pace all’Unione Europea. E c’è chi si è indignato. Alcuni pongono l’accento sul numero impressionante di conflitti che si è registrato, nel corso degli ultimi decenni, ai suoi confini; altri fanno notare il ruolo militare che numerose nazioni che ne fanno parte hanno svolto nell’ambito di guerre “sporche” come quella in Iraq e nella Ex-Iugoslavia; altri ancora segnalano l’escalation di violenza e tensioni sociali che la sua crisi sta causando. Sono tutte motivazioni condivisibili, alle quali c’è ben poco da opporre. Ma se si pensa che l’hanno dato anche a Kissinger nel ’73 (In quanto negoziatore di pace dopo la guerra del Vietnam. Almeno il suo corrispettivo vietnamita, Le Duc Tho, ebbe il buon gusto di rifiutarlo) e a Obama nel 2011 (“per i suoi straordinari sforzi per rafforzare la diplomazia internazionale e cooperazione tra i popoli”. Devo essermi distratto, me li sono persi), mi sembra di poter dire che stiamo migliorando nettamente.

A parte gli scherzi, la scelta è infelice. Soprattutto qui in Germania, vista l’aria che tira. Vi ricordate quell’articolo che avevo scritto un pò di tempo fa riguardo alle condizioni dei rifugiati politici? Vi raccontavo come la Corte Costituzionale tedesca avesse messo nero su bianco come il trattamento economico che veniva loro garantito fosse “disumano”, imponendo al parlamento un adeguamento pari all’Hartz IV, ovvero il sussidio di disoccupazione. Proprio quella sentenza è stata utilizzata, poche ore prima dell’assegnazione del Nobel, dal Ministro dell’Interno tedesco Hans-Peter Friedrich (CSU, sezione cattolica della CDU) per giustificare la sua richiesta inaudita di bloccare la libertà di viaggio all’interno dell’Unione da parte dei cittadini di Serbia e Montenegro.

Il fatto è che, nel corso dell’ultimo anno, la cifra di cittadini serbi e montenegrini che hanno chiesto l’asilo politico in Germania è aumentata di oltre il 60%. Si tratta principalmente di individui di etnia Rom, i quali sono costretti a fuggire dai paesi in cui abitano a causa delle discriminazioni (sulle quali esiste ampia documentazione) di cui sono oggetto, nell’indifferenza più completa dei governi di questi due paesi. Se guardiamo le cifre, ci possiamo rendere conto dell’entità reale della questione: a Settembre 2012 il numero dei richiedenti asilo era di 1395 serbi e 1040 macedoni. Per la cronaca, la Turchia ha accolto circa 80 000 profughi dall’inizio del conflitto in Siria. Tuttavia, la destra cattolica tedesca ed il governo Merkel hanno reagito in modo spropositato alla pubblicazione di questi dati, arrivando a proporre un “divieto di lavoro” per i richiedenti asilo. Occorrerebbe infatti “bloccare al più presto” quello che viene descritto come un “flusso massiccio” di rifugiati, i quali verrebbero in Germania a causa delle “favorevoli condizioni economiche” che il suddetto innalzamento dei sussidi dedicati a queste persone avrebbe scatenato. Si tratterebbe dunque di un “abuso dell’asilo politico”, quindi della generosità teutonica. Il Ministro dell’Interno, d’accordo con il compagno di partito Wolfgang Bosbach (CDU), ha quindi pensato bene di lanciare un vero e proprio allarme nazionale, auspicando una revisione radicale della libertà concessa ai cittadini di Serbia e Montenegro a viaggiare liberamente nell’Unione Europea. Se non possono viaggiare, non possono raggiungere la Germania. Se non raggiungono la Germania, non possono chiedere asilo politico. Sobrio pragmatismo tedesco.

Questa proposta, lungi da essere una semplice caduta di stile o esagerazione, è invece un esempio lampante di quello che Stephan Hebel definisce sulle colonne del Frankfurter Rundschau il “nazional-egoismo” tipico del governo Merkel, il quale rischia di rendere la crisi irrisolvibile, dopo averla creata con il rifiuto dell’erogazioni di aiuti tempestivi alla Grecia. A mio avviso si tratta di un limite fondamentale che la Germania presenta, e che rende poco credibile il suo presentarsi come faro, a cui tutta l’unione si dovrebbe ispirare. Ma la politica non è fatta solo di economia e bilanci, e il rispetto di chi fugge da una situazione discriminatoria dovrebbe essere un valore irrinunciabile per ciascuna nazione che voglia dirsi democratica. Se no che senso ha la stessa idea di Europa? A cosa servono le belle parole e i discorsi fatti in questi ultimi mesi sull’aiuto reciproco e la cooperazione?Viene quasi da pensare che la vera ragione per la quale non si vede ancora una possibile soluzione della crisi sia da ricercarsi dietro le sbarre dei centri di contenimento nei quali i (pochi) rifugiati politici sono costretti a vivere qui in Germania, piuttosto che negli Spread tra i titoli sovrani degli Stati.

In questo senso, ogni tipo di festeggiamento per questo premio è veramente di cattivo gusto.

Riccardo Motti

In alto a sinistra: Bush figlio e Kissinger, copyright Informarexresistere.fr; al centro: il Ministro dell’Interno tedesco Hans-Peter Friedrich, copyright Pohdiaries.com.

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Cosa succede in città

Un commento agli ultimi sondaggi elettorali

L’ultimo sondaggio pubblicato dall’istituto tedesco Forsa, il quale ha come oggetto le opinioni politiche dei berlinesi in merito alla coalizione che governa la città, è a mio avviso particolarmente interessante. Oltre a riportare i risultati del consenso del quale i principali partiti cittadini godono, infatti, lo studio è focalizzato in modo particolare sul modo in cui il ruolo della CDU all’interno della coalizione è percepito in città.

Partiamo dai dati. Rispetto a quelli che avevo avuto modo di commentare qualche mese fa, non ci sono, a prima vita, dei cambiamenti apparentemente significativi. La SPD e la CDU sono entrambe al 26%, i Verdi al 19%, la Linke ed i Pirati al 10%. Tuttavia, vale la pena di commentare due risultati. In primo luogo, per la prima volta si registra un calo di consensi per quanto riguarda i Pirati. Non si tratta di un cambiamento importante, tuttavia si pensa che la dubbia collocazione politica e la scarsa sobrietà dimostrata dai membri del partito in diverse occasioni stia minando lentamente la loro credibilità, rendendoli incapaci di avvantaggiarsi del malcontento cittadino: vedremo se in futuro questa tendenza si confermerà. In secondo luogo, si è dunque bloccato il recupero di consensi osservato nel corso di questo primo anno da parte della CDU, che fino a pochi mesi fa vantava una percentuale maggiore di quella del suo attuale alleato nel senato cittadino (all’interno del quale essa è comunque in minoranza rispetto ai socialisti). Questo dato non è dettato dalla normale dinamica che muove i consensi elettorali dei cittadini, ma ha una motivazione precisa. Lo scandalo riguardante l’inaugurazione del nuovo aeroporto Willi Brandt, programmata per l’inizio della scorsa estate e poi rinviata a data da destinarsi (autunno 2013?) dopo una serie di scandali che hanno messo alla luce una disorganizzazione generale disastrosa, aveva infatti minato duramente il consenso del sindaco e della SPD, principali sponsor politici del progetto. L’opinione pubblica cittadina non ha perdonato un simile caos, che ha reso la Germania fin troppo simile a certi partner europei, nei confronti dei quali si vorrebbe invece mantenere una netta distinzione. Ovviamente questo clima di ostilità nei confronti della guida storica della città ha giovato alla CDU.

Tuttavia, un altro scandalo ha invertito questo processo, portando alla situazione di stallo che si vede ora: è infatti emerso che la cellula di terroristi neonazisti (NSU), le cui esistenza è stata recentemente scoperta dalle autorità tedesche, avrebbe potuto essere fermata molto prima. I terroristi di Zwickau hanno potuto assassinare e piazzare bombe in tutto il paese, indisturbati, anche grazie alla copertura garantita da alcuni membri dell’istituto berlinese per il controllo delle attività terroristiche, i quali hanno nascosto prove compromettenti che avrebbero potuto condurre alla cattura dei tre neonazisti. A fare le spese di questa scoperta è stato Henkel (CDU), sorta di “ministro dell’interno” cittadino e alleato di punta del sindaco Wowereit, nonché fiore all’occhiello della componente berlinese dei cristiano-democratici. L’uomo che aveva tratto maggior vantaggio dallo scandalo del Willy Brandt, piazzandosi in testa ai politici più amati in città, ha dunque visto il suo consenso precipitare, non appena la sensibile opinione pubblica tedesca è stata messa al corrente dell’insabbiamento operato da un ufficio cittadino di cui lui è il diretto responsabile.

A questo proposito, non stupisce affatto che ora il politico più amato in città sia l’anonimo e apartitico “ministro delle finanze” Ulrich Nußbaum: quando sono in difficoltà, i tedeschi ripongono la propria fiducia in chi tiene in mano il pallottoliere.

Riccardo Motti

Al centro: campagna pubblicitaria per il nuovo aeroporto; In basso a sinistra: Ulrich Nußbaum, copyright Morgenpost.de

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