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1 Maggio 2013, un giorno per la storia

Per la prima volta nella storia il corteo raggiunge la porta di Brandeburgo

“Si alla protesta politica – no alla violenza”. Questa era la parola d’ordine con la quale Frank Henkel (CDU), ministro degli interni dell’amministrazione cittadina, ha descritto quello che sarebbe stato l’approccio delle forze dell’ordine alla manifestazione del 1 Maggio. Per una volta, posso dire che è andata così.

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In effetti, dopo il fallimento dell’anno scorso, le premesse per un corteo pacifico c’erano tutte. Da una parte, la manifestazione antifascista del 30 Aprile a Schöneweide in opposizione all’evento organizzato dall’NPD è stata un grande successo numerico, che ha visto più di 2 000 partecipanti sbarrare la strada a 250 neofascisti. Nonostante qualche scaramuccia con le forze dell’ordine e alcuni fermi per blocco della circolazione, la giornata è stata fondamentalmente non violenta. Nel corso della serata, inoltre, le celebrazioni relative alla notte di Valpurga organizzate in vari punti della città hanno mantenuto un profilo totalmente pacifico, al contrario di quanto successo negli anni passati. Forte di questi successi, la scena antagonista cittadina era pervasa da un clima tanto positivo quanto risoluto a portare la propria voce ai piedi della porta di Brandeburgo. L’obiettivo era quello di evitare lo scenario dell’anno scorso, quando un intervento scriteriato della polizia aveva scatenato una violenta reazione di un gruppo di manifestanti, causando una prematura l’interruzione del corteo.

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Verso le 19.20 la manifestazione si muoveva da Spreewaldplatz lungo la Eisenbahn Strasse, girando poi in direzione Ovest sulla Köpenicker Strasse. Le forze dell’ordine, a differenza dell’anno passato, si tenevano a debita distanza, evitando di stringere il corteo che, da parte sua, continuava a sfilare pacificamente. Una volta giunti a metà della Heinrich-Heine Strasse, tuttavia, un assalto alle vetrine di un Sparkasse dava inizio al momento più teso della giornata. I vetri di alcune macchine parcheggiate lungo la strada venivano infranti, pietre e bottiglie venivano scagliate contro una camionetta della polizia a sul lato sinistro del corteo e i mezzi schierati a difesa di un distributore diventavano oggetto di un nuovo scriteriato lancio di oggetti, che rischiava di colpire i manifestanti e i giornalisti che procedevano su quel lato della manifestazione. Per qualche minuto il rischio di vedere il corteo interrotto è stato concreto, dopo un massiccio intervento delle forze dell’ordine che circondavano il corteo con un cordone di sicurezza, per evitare ulteriori violenze. Fortunatamente, simili episodi non si sono ripetuti, permettendo alla manifestazione di procedere pacificamente fin nel cuore finanziario della capitale. Verso le 21.15, il corteo giungeva a Unter den Linden, a pochi metri dalla porta di Brandeburgo.

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Si tratta di un avvenimento storico, che potrebbe essere fonte di ispirazione per gli avvenimenti dei prossimi anni. Mai, in passato, si era riusciti nell’intento di portare il grido di protesta degli antagonisti del capitalismo così vicino al potere cittadino. Se non si considera questa vittoria come una fortunata casualità, è possibile osservare una sorta di “maturazione” da parte delle forze alternative che hanno dato vita al corteo. Forse si sta cominciando a capire la necessità di portare il proprio dissenso là dove esso può divenire maggiormente visibile, lontano dalle proprie roccaforti. Certo, le contraddizioni non mancano: permane la presenza di elementi violenti, i quali ritengono che spaccare il vetro di una macchina sia una lancia spezzata in favore di un mondo alternativo. Sono gli stessi che disprezzano e insultano coloro che, con una macchina fotografica o una telecamera, vogliono immortalare i momenti più salienti della manifestazione. Finché questi personaggi non si renderanno conto che l’informazione è un arma, non un nemico, non riusciranno a trasmettere il proprio messaggio, ammesso e non concesso che ce ne sia uno.

Si tratta d’altronde di una minoranza numerica, schiacciata dalla massa pacifica, colorata e festosa che ha invaso le strade della città decisa a mostrare il proprio malcontento e spiegare le ragioni della protesta. Questa maggioranza (si parla di oltre 10 000 partecipanti) ha ottenuto una vittoria storica: l’augurio è che ne sappiano fare buon uso.

Riccardo Motti

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12 Mai Berlin. Sternmarsch, La marcia degli indignati

Cresce l’attesa per la manifestazione di Sabato 12 Maggio, la quale vedrà sfilare cinque distinti cortei per le strade della città. Il punto di ritrovo è Alexanderplatz. “Sternmarsch” (La marcia della stella), questo il nome scelto dagli organizzatori dell’evento: se si guarda la piantina della città si nota come il tragitto dei 5 cortei formi effettivamente una stella a 5 punte, il cui cuore è la celebre piazza del Mitte.

Quali sono le richieste dei manifestanti? Leggendo il sito ufficiale dell’evento, risulta evidente come l’obbiettivo principale sia un immediato cambiamento globale. Si mette subito in chiaro come la crisi che stiamo attraversando non sia del sistema, ma sia il sistema stesso. Per “sistema” si intende ovviamente quello capitalistico contemporaneo, visto come fondamento del disagio presente nella nostra società, frutto dell’iniquità tipica dei meccanismi economici e finanziari. Oltre a questo, altre conseguenze tangibili sarebbero “lo sfruttamento della natura, la distruzione della democrazia e l’ingiusta distribuzione della proprietà e della ricchezza”: non si può evitare di notare come questo sia il linguaggio di quello che è stato definito “il popolo degli indignati”, i quali sono gli effettivi organizzatori del corteo. La stessa data scelta per l’evento non è casuale: il 12 Maggio dell’anno scorso cominciava l’occupazione delle prime piazze in Spagna e, da quello che si evince dal sito, questa ricorrenza sarà celebrata in diverse nazioni e continenti da cortei simili a quello organizzato a Berlino. Questa manifestazione vuole dunque essere una cassa di risonanza per il movimento degli “indignati”, ma non solo: moltissime organizzazioni, associazioni e singoli individui hanno già dato il loro supporto ufficiale all’evento. Da notare come tra queste sia presente anche il movimento Blockupy Frankfurt, già al centro delle polemiche nei giorni scorsi.

Una volta giunti ad Alexanderplatz, i cortei si uniranno e si darà vita ad una occupazione del suolo pubblico, sul quale saranno organizzati “cantieri d’azione”, workshop e spettacoli di vario genere. L’obiettivo dichiarato dagli organizzatori è di presidiare la piazza per almeno 2 settimane, anche dopo la decisione delle autorità cittadine le quali, dopo aver dato inizialmente il proprio consenso, hanno in seguito reso noto il divieto ufficiale di occupazione. In questo senso, ci si augura che nelle prossime ore si possa arrivare ad una soluzione di compromesso, cercando di evitare ogni possibile tensione nell’ambito di una giornata che dovrebbe essere all’insegna della non violenza e della partecipazione attiva da parte della popolazione.

Un grande coinvolgimento popolare è infatti l’obiettivo principale degli organizzatori. Essi vogliono mostrare la loro voglia di un mondo migliore, nel quale ci possa essere una vera democrazia, una equa redistribuzione della ricchezza, cooperazione invece di concorrenza e solidarietà internazionale con gli altri movimenti. Si tratta di idee largamente condivisibili, da parte di persone che hanno scelto un modo apolitico di fare, in fin dei conti, attivismo politico. Questa è, a mio parere, la forza e la debolezza del movimento stesso: accanto alla voglia, sacrosanta, di vivere in un mondo più giusto, senza la morsa di una crisi simile a quella che stiamo vivendo da anni, manca una vera proposta concreta che spieghi in che modo, con quali mezzi e con quali tempistiche questa svolta radicale (rivoluzione?) possa effettivamente realizzarsi.

Leggendo i manifesti che spiegano gli intenti degli indignati, le tematiche sembrano essere quelle tipiche del pensiero politico di sinistra: antifascismo, abbandono dell’energia nucleare e protezione dell’ambiente, rifiuto della guerra e pacifismo, garanzia dei diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino. Tuttavia, da quello che è emerso finora, questo movimento rifiuta ogni possibile identificazione politica. A questo proposito c’è già chi ha detto “non basta indignarsi, occorre trovare un’alternativa reale al capitalismo”. La domanda sorge dunque spontanea: ci troviamo davanti ad un nuovo modo di fare politica, che non presuppone una tessera, oppure alla fine i partiti (che ufficialmente non partecipano) riusciranno a fare entrismo nel movimento?  Probabilmente la manifestazione di Sabato ci darà informazioni in questo senso.

Riccardo Motti

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